Processione delle donne al Sepolcro

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TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso

Il culto di Maria SS. della Pietà era zelato dalla Confraternita omonima, giuridicamente riconosciuta nel 1786, e rientrante tra gli obblighi statutari della medesima.

Lo stesso Pasquale Fornari, instancabile benefattore che spese le sue energie per ottenere il regio assenso per il sodalizio, nelle sue volontà testamentarie incluse quella che i confratelli continuassero a praticare il culto alla Vergine della Pietà.

I confratelli veneravano nella loro sede confraternale, che nel XVIII secolo era la cappella di S. Leonardo, alla piazza vecchia, su via Osteria Ducale, annessa all’ antico ospedale con ingresso da via S. Sofia, nel borgo antico, una tela della Pietà risalente allo stesso secolo e di autore ignoto, collocata sulla pala dell’ altare maggiore.

E così, all’ inizio del XIX secolo, per incrementare e rendere sempre più visibile e tangibile il culto, fu acquistato un gruppo statuario con la Madonna e il Cristo Morto sulle ginocchia e da allora si organizzò la processione della Pietà la sera del Venerdì di Passione, cioè quello precedente la domenica delle Palme.
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Quando la congregazione trasferì la propria sede presso la Chiesa di S. Antonio, commissionò un’ altra tela della Pietà, risalente al 1833, per poter anche qui continuare il culto alla Vergine.

Nel 1873 il sodalizio si sciolse. Fu così che alcuni sodali, molto devoti alla Madonna della Pietà, al fine di continuare la tradizione in atto da tempi remoti, chiesero ed ottennero dalla Confraternita del SS. Sacramento, l’ autorizzazione ad usare il simulacro della Pietà che si venerava nella loro cappella, organizzando la processione sempre il Venerdì di Passione.

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In seguito il corteo fu posticipato alla sera del Giovedì Santo e la confraternita si dotò di un proprio simulacro.
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Molti evidenziarono una incongruenza liturgica in quanto si portava in processione una immagine della Madonna con il Cristo Morto, quando non era ancora avvenuto l’ epilogo della Passione del Signore.

Ma questo passaggio sfuggì per anni a noti e insigni prelati.

Solo nel 1936, Mons. Vittorio Consigliere dispose, con decreto vescovile, che la processione si svolgesse il Venerdì Santo dopo quella del SS. Sacramento, che avveniva nel primo pomeriggio.

E nel 1945, per evitare che si svolgessero due processioni simili, si decise di commissionare un’ altra statua con la sola Madonna in cerca del Figlio, in modo che il corteo si potesse snodare regolarmente il Giovedì Santo, senza alcuna incongruenza.

La statua fu offerta dalla famiglia Porcelli che, durante l’ anno, la custodiva nella sua abitazione.

La confraternita espose la statua con il Cristo Morto, che non veniva più usata, nella cappella cimiteriale dove, contornata da miopi sentimenti devozionali, cioè ceri votivi, lentamente si consumò in un doloroso rogo.

Per i suddetti motivi il rito ha conservato, impropriamente, la denominazione di “processione della Pietà”.
La processione durava diverse ore, in quanto entrava in tutte le chiese, per visitare il “Sepolcro” e adorare il SS. Sacramento.

Anticamente partecipava anche la Confraternita di S. Rocco e Maria SS. del Rosario, con il proprio Cristo Rosso che, per dovere di ospitalità, si disponeva davanti alla Madonna.

Fino agli anni ’30 quindi, il gruppo statuario era costituito da un Cristo Morto adagiato sul grembo della Vergine Addolorata con abiti in stoffa e lacrime in cristallo infisse sotto gli occhi che, alla luce dei lumi tremolanti, favano un particolare effetto suggestionante sul popolo.

Presiedeva il padre Spirituale in cotta e stola violacea, affiancato dai due Priori che recitavano il Miserere, mentre la schola cantorumcantava l’ inno composto e musicato dal maestro concittadino Vincenzo Di Savino:

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“Mira il tuo ciglio languido, rivolto al ciel Maria, il volto scarno e languido, del Tuo caro e amato Figlio, e una rovente lacrima, di tanto atroce duol, su questa torbida anima, scenda fecondo amor, Madre ho sete di perdono, poichè è fragile il cuor, che giace in abbandono, noi ti invochiamo con umil cuor, Vergine bella e pura con te nel comun dolor”.

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Nel 1992 il sodalizio della Pietà, in accordo con il Padre Spirituale don Giacomo Cirulli e su proposta del Vescovo diocesano Mons. Giovan Battista Pichierri, decise di abolire il rito processionale del Giovedì Santo in quanto, in questa sera, le chiese sono mete di pellegrinaggi di fedeli che adorano in silenzio il SS. Sacramento e nelle stesse vengono organizzate solenni ore di adorazione, e quindi la processione distoglieva tutti dal raccoglimento.

Fu istituita così la processione delle “Donne al Sepolcro in attesa della resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo” che si svolge al mattino del Sabato Santo.

Fanno parte dell’ arredo processionale le statue di Maria SS. della Pietà, di S. Maria di Magdala, che reca nella mano destra un uovo perchè, secondo una leggenda, si presentò a Tiberio con un uovo rosso per annunziare la resurrezione di Cristo e da allora i primi cristiani iniziarono l’ usanza di scambiarsi uova colorate di rosso. Altre fonti considerano l’ uovo simbolo della vita e della morte. Nella mano sinistra regge un’ ampolla contenente profumo di nardo, che servì per ungere i piedi di Cristo che poi asciugò con i suoi capelli.

La terza statua è quella di S. Giovanni che reca un asciugatoio, simbolo del gesto della lavanda dei piedi.

L’ ultima rappresenta S. Maria di Cleofa con nella mano destra spighe di grano cotto, simbolo della Resurrezione (se il grano non muore non rinasce) e di comunione di vita, e nella sinistra le bende che richiamano il rito della sepoltura.

I primi anni, alle 6 del mattino, la processione con le sole statue di S. Maria di Magdala e di Cleofa, usciva da una cappella periferica per raggiungere la Chiesa di S. Antonio, ove si recitavano le lodi.

Subito dopo si snodava il corteo con le tre statue portate a spalla da ragazze con mantelle rosse e il simulacro della Pietà da uomini in abito scuro, scortata da carabinieri in alta uniforme.

Negli ultimi anni invece, la processione esce dalla Chiesa di S. Antonio, alle prime ore del Sabato Santo.

Vi partecipano ben quattro Cristi Rossi, raffigurati tutti da appartenenti alla Confraternita della Pietà; si snoda per le vie principali della città, tra le note del commovente inno “Mira il tuo ciglio languido” per poi rientrare verso mezzogiorno.