test
venerdì, Maggio 9, 2025
Home Blog Pagina 1067

Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo

L’autismo è un fenomeno in crescita che colpisce nel mondo 1 bambino su 100, soprattutto maschi. Dal 2007 l’ONU ha istituito la Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo ed ogni anno, il 2 aprile, promuove una raccolta fondi e accende di blu i principali monumenti del mondo.  L’Empire State Building di New York o il Cristo Redentore di Rio de Janeiro, ma anche la fontana del Quirinale in Italia.

Con un trend di crescita anche nella nostra Nazione, che ad oggi coinvolge almeno 500.000 famiglie, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ha istituito un network formato da 20 paesi al fine di condividere le ricerche e mettere a punto protocolli terapeutici.

Purtroppo ad oggi non sono ancora certe le cause scatenanti ed allo stesso tempo non si è presa ancora consapevolezza sulla necessità di supportare le famiglie colpite, sia dal punto di vista economico che del supporto ai pazienti.  Con l’istituzione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo si spera che, anche grazie alla raccolta fondi, si possa dare un nuovo impulso alla ricerca ed alla realizzazione di terapie efficaci.

Arrestato per possesso di droga

In data 31 marzo 2018, durante l’attività di controllo del territorio, gli  Agenti della Polizia di Stato del Commissariato di Cerignola hanno tratto in arresto C.  F., pregiudicato locale classe 1997, per detenzione ai fini di spacci di sostanze stupefacenti.

Nel corso dell’accurato controllo operato dagli Agenti, subito insospettiti dall’atteggiamento assunto dal malvivente, a seguito di perquisizione  hanno rinvenuto 16  grammi circa di hashish e  circa 1 grammo di cocaina, suddivise rispettivamente in più dosi. Sono stati altresì sequestrati anche la somma di 430 euro.

In stato di arresto, successivamente alle formalità di rito, per il malvivente sono stati disposti gli arresti domiciliari a disposizione dell’Autorità Giudiziaria competente.

Continua l’impegno della Polizia di Stato nella lotta alla repressione dei reati inerenti le sostanze stupefacenti.

Rischi della farmaco-resistenza

La farmaco-resistenza è uno dei problemi più spinosi con cui dovremo fare i conti nel prossimo futuro. Tra i più preoccupanti si può annoverare la resistenza agli antibiotici, che potrebbe provocare delle vere e proprie pandemie.

L’abuso di antibiotici, sia negli allevamenti animali che nella gestione “fai da te” di molti ammalati, ha creato delle vere e proprie mutazioni dei virus. Per tale ragione non rispondono più alle cure con gli attuali medicinali in commercio. Come se non bastasse le case farmaceutiche non investono più in ricerca su nuovi antibiotici, poco produttivi economicamente.

In soli 5 anni, dal 2000 al 2005, il consumo globale di antibiotici è cresciuto di quasi il 40%, lo afferma un report su 76 paesi coordinato dal Center for Disease Dynamics, Economics and Policy di Washington.

Secondo i dati raccolti nel 2015, nei 15 anni sono state consumate in totale 35 miliardi di dosi di antibiotici nel mondo, con un aumento del 65%, mentre il tasso di consumo ogni mille abitanti è passato da 11,3 dosi al giorno a 15,7, con una crescita del 39%. L’aumento maggiore, di circa il 77%, si è avuto nel periodo considerato nei paesi a basso e medio reddito, mentre in quelli più ricchi il dato è sostanzialmente stabile.

L’Italia, con un consumo ogni mille abitanti di circa 30 dosi al giorno, è al quindicesimo posto tra i 76 paesi considerati.

Processione delle donne al Sepolcro

TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso

Il culto di Maria SS. della Pietà era zelato dalla Confraternita omonima, giuridicamente riconosciuta nel 1786, e rientrante tra gli obblighi statutari della medesima.

Lo stesso Pasquale Fornari, instancabile benefattore che spese le sue energie per ottenere il regio assenso per il sodalizio, nelle sue volontà testamentarie incluse quella che i confratelli continuassero a praticare il culto alla Vergine della Pietà.

I confratelli veneravano nella loro sede confraternale, che nel XVIII secolo era la cappella di S. Leonardo, alla piazza vecchia, su via Osteria Ducale, annessa all’ antico ospedale con ingresso da via S. Sofia, nel borgo antico, una tela della Pietà risalente allo stesso secolo e di autore ignoto, collocata sulla pala dell’ altare maggiore.

E così, all’ inizio del XIX secolo, per incrementare e rendere sempre più visibile e tangibile il culto, fu acquistato un gruppo statuario con la Madonna e il Cristo Morto sulle ginocchia e da allora si organizzò la processione della Pietà la sera del Venerdì di Passione, cioè quello precedente la domenica delle Palme.
.
Quando la congregazione trasferì la propria sede presso la Chiesa di S. Antonio, commissionò un’ altra tela della Pietà, risalente al 1833, per poter anche qui continuare il culto alla Vergine.

Nel 1873 il sodalizio si sciolse. Fu così che alcuni sodali, molto devoti alla Madonna della Pietà, al fine di continuare la tradizione in atto da tempi remoti, chiesero ed ottennero dalla Confraternita del SS. Sacramento, l’ autorizzazione ad usare il simulacro della Pietà che si venerava nella loro cappella, organizzando la processione sempre il Venerdì di Passione.

.
In seguito il corteo fu posticipato alla sera del Giovedì Santo e la confraternita si dotò di un proprio simulacro.
.
Molti evidenziarono una incongruenza liturgica in quanto si portava in processione una immagine della Madonna con il Cristo Morto, quando non era ancora avvenuto l’ epilogo della Passione del Signore.

Ma questo passaggio sfuggì per anni a noti e insigni prelati.

Solo nel 1936, Mons. Vittorio Consigliere dispose, con decreto vescovile, che la processione si svolgesse il Venerdì Santo dopo quella del SS. Sacramento, che avveniva nel primo pomeriggio.

E nel 1945, per evitare che si svolgessero due processioni simili, si decise di commissionare un’ altra statua con la sola Madonna in cerca del Figlio, in modo che il corteo si potesse snodare regolarmente il Giovedì Santo, senza alcuna incongruenza.

La statua fu offerta dalla famiglia Porcelli che, durante l’ anno, la custodiva nella sua abitazione.

La confraternita espose la statua con il Cristo Morto, che non veniva più usata, nella cappella cimiteriale dove, contornata da miopi sentimenti devozionali, cioè ceri votivi, lentamente si consumò in un doloroso rogo.

Per i suddetti motivi il rito ha conservato, impropriamente, la denominazione di “processione della Pietà”.
La processione durava diverse ore, in quanto entrava in tutte le chiese, per visitare il “Sepolcro” e adorare il SS. Sacramento.

Anticamente partecipava anche la Confraternita di S. Rocco e Maria SS. del Rosario, con il proprio Cristo Rosso che, per dovere di ospitalità, si disponeva davanti alla Madonna.

Fino agli anni ’30 quindi, il gruppo statuario era costituito da un Cristo Morto adagiato sul grembo della Vergine Addolorata con abiti in stoffa e lacrime in cristallo infisse sotto gli occhi che, alla luce dei lumi tremolanti, favano un particolare effetto suggestionante sul popolo.

Presiedeva il padre Spirituale in cotta e stola violacea, affiancato dai due Priori che recitavano il Miserere, mentre la schola cantorumcantava l’ inno composto e musicato dal maestro concittadino Vincenzo Di Savino:

.

“Mira il tuo ciglio languido, rivolto al ciel Maria, il volto scarno e languido, del Tuo caro e amato Figlio, e una rovente lacrima, di tanto atroce duol, su questa torbida anima, scenda fecondo amor, Madre ho sete di perdono, poichè è fragile il cuor, che giace in abbandono, noi ti invochiamo con umil cuor, Vergine bella e pura con te nel comun dolor”.

.

Nel 1992 il sodalizio della Pietà, in accordo con il Padre Spirituale don Giacomo Cirulli e su proposta del Vescovo diocesano Mons. Giovan Battista Pichierri, decise di abolire il rito processionale del Giovedì Santo in quanto, in questa sera, le chiese sono mete di pellegrinaggi di fedeli che adorano in silenzio il SS. Sacramento e nelle stesse vengono organizzate solenni ore di adorazione, e quindi la processione distoglieva tutti dal raccoglimento.

Fu istituita così la processione delle “Donne al Sepolcro in attesa della resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo” che si svolge al mattino del Sabato Santo.

Fanno parte dell’ arredo processionale le statue di Maria SS. della Pietà, di S. Maria di Magdala, che reca nella mano destra un uovo perchè, secondo una leggenda, si presentò a Tiberio con un uovo rosso per annunziare la resurrezione di Cristo e da allora i primi cristiani iniziarono l’ usanza di scambiarsi uova colorate di rosso. Altre fonti considerano l’ uovo simbolo della vita e della morte. Nella mano sinistra regge un’ ampolla contenente profumo di nardo, che servì per ungere i piedi di Cristo che poi asciugò con i suoi capelli.

La terza statua è quella di S. Giovanni che reca un asciugatoio, simbolo del gesto della lavanda dei piedi.

L’ ultima rappresenta S. Maria di Cleofa con nella mano destra spighe di grano cotto, simbolo della Resurrezione (se il grano non muore non rinasce) e di comunione di vita, e nella sinistra le bende che richiamano il rito della sepoltura.

I primi anni, alle 6 del mattino, la processione con le sole statue di S. Maria di Magdala e di Cleofa, usciva da una cappella periferica per raggiungere la Chiesa di S. Antonio, ove si recitavano le lodi.

Subito dopo si snodava il corteo con le tre statue portate a spalla da ragazze con mantelle rosse e il simulacro della Pietà da uomini in abito scuro, scortata da carabinieri in alta uniforme.

Negli ultimi anni invece, la processione esce dalla Chiesa di S. Antonio, alle prime ore del Sabato Santo.

Vi partecipano ben quattro Cristi Rossi, raffigurati tutti da appartenenti alla Confraternita della Pietà; si snoda per le vie principali della città, tra le note del commovente inno “Mira il tuo ciglio languido” per poi rientrare verso mezzogiorno.

Processione di Gesù morto

TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso

Alle ore 22.00, a volte avvolta dall’ ebbrezza primaverile e a volte da un freddo rigido, ultimi colpi di coda di una stagione invernale che si sta allontanando, esce dalla Chiesa del Purgatorio la processione di Cristo Morto, seguito dal simulacro della Madonna Addolorata.

Il rito è officiato dall’ Arciconfraternita della Morte e Orazione, comunemente detta del Purgatorio.

L’ antica chiesa dei Gesuiti, sin dal Giovedì Santo, era meta di un mesto e continuo pellegrinaggio di popolo che visitava la camera ardente allestita nel presbiterio, quando si officiava l’ ora del Getsemani, con i fedeli che vegliavano spiritualmente con Gesù, in quell’ orto, in attesa del tradimento di Giuda e dell’ inizio della sua passione e morte.

Attualmente la Chiesa viene aperta e i simulacri posti alla venerazione dei devoti, solo nel primo pomeriggio del Venerdì Santo, dopo la morte di Gesù che la liturgia fa risalire alle tre del pomeriggio.

Il Cristo, di epoca settecentesca, è disteso su un materassino bianco ricamato e poggia il capo su un cuscino dello stesso colore dal quale pendono quattro fiocchetti dorati ed è posto in una bara al centro dell’ area presbiteriale, davanti all’ altare maggiore.

Vi sono due bare, la prima di legno e cristallo con cornice dorata, di scuola napoletana, donata all’ Arciconfraternita da Isidoro Dalò, congregato dello stesso sodalizio, grande benefattore che donò alla chiesa altre statue e arredi sacri; la seconda completamente di cristallo donata nel 1959 dai coniugi Espedito Buonsanti e Natalia Labia.

Alla destra della bara, il simulacro della Madonna Addolorata, del tipo manichino con gabbia, con abito e velo nero merlettato, con un cuore trafitto da una spada dorata e in mano un fazzoletto bianco merlettato.

L’ espressione è settecentesca, con reminiscenza secentesca propria del “manierismo devoto”.

Il Cristo veniva vegliato tutta la notte da giovani e anziani che partecipavano così intensamente al dolore di una madre straziata e affranta per la morte del Figlio.

E a tarda sera, la piazzetta su cui si affaccia la antica e storica Chiesa del Purgatorio, pullula di gente infreddolita e silenziosa. Da ogni casa, mamma, papà, figli, nonni, zii sono venuti sin qui tenendosi per mano, quasi che sia stato operato un miracolo nel richiamo del sangue, nella rigenerazione dell’ amore.

La bara, affiancata da donne con abito nero e con fiaccole, esce dalla chiesa “nazzicando” – movimento tipico delle processioni della Settimana Santa in uso in tutte le regioni dell’ Italia Meridionale – tra le note della banda cittadina che nel silenzio profondo della notte intona:

“Gesù mio, con dure funi, come reo chi Ti legò?

Sono stato io l’ ingrato, Gesù mio perdon pietà.

Gesù mio, la bella faccia, chi crudel Ti schiaffeggiò?

Gesù mio, di fango e sputi, quel bel volto chi T’ imbrattò?

Gesù mio, la nobil fronte, chi di spine ti coronò?

Gesù mio, le mani e i piedi, chi alla Croce te li inchiodò?

.

Il silenzio che domina la folla è interrotto dalle orazioni. La commozione è resa più viva dal rullio cadenzato dei tamburi, che imprimono il ritmo alla folla muta che segue il feretro. Nell’ aria triste rimbombano le note del “Miserere” e del canto:

“O fieri flagelli, che al mio buon Signore, le carni squarciate con tanto dolor. Non date più pene, al caro mio bene, non più tormentate l’ amato Gesù. Ferite, ferite, ferite quest’ alma, che causa ne fu”.

I versi furono scritti da S. Alfonso de’ Liguori, ispirato dall’ amore per Gesù crocifisso. Nell’ inno, il Santo invoca i flagelli, le spine, a non più ferire Cristo ma la sua anima che causa ne fu.

Tra la folla che sosta sui marciapiedi un bimbo allunga la mano per lanciare un bacio, una donna asciuga una lacrima, un vecchio si scopre il capo, un uomo si batte il petto.

Le immagini anche anticamente erano portate in processione secondo la disposizione attuale. Il rito, più che un atto penitenziale, era considerato un vero e proprio funerale: infatti i paramenti del clero erano neri e la Madonna Addolorata seguiva il feretro del proprio Figlio, come in una qualsiasi celebrazione funebre.

Alla processione partecipavano anticamente la Confraternita di S. giuseppe, di S. Rocco e Maria SS. del Rosario e l’ Arciconfraternita dell’ Assunta. Da quando la Chiesa del Purgatorio passò sotto la giurisdizione territoriale della Parrocchia del Carmine, partecipa la Congregazione e l’ intera comunità Carmelitana.

La bara, anticamente era portata a spalle da devoti in abito scuro, affiancata da giovani universitari con il caratteristico berretto a punta, da confratelli con lampieri e da carabinieri in alta uniforme.

Davanti alla bara il Cristo Rosso e il Padre Spirituale, per tanti anni don Luigi Tattoli. Precede la Madonna ancora un altro Cristo Rosso e poi ancora la banda e tanta folla commossa e silenziosa.

Dal 1992 invece, la processione ha assunto un aspetto ancora più caratteristico e suggestivo, con tutti i portantini dei due simulacri che indossano una tunica e cappuccio violaceo e una ruvida fune in vita: auspice don Saverio Del Vecchio, Padre Spirituale della Confraternita. I confratelli procedono incappucciati.
In questo stesso anno si decise di usare, ad anni alterni, la vecchia e la nuova bara.

Il feretro avanza lentamente attraversando piazza Castello, via Mascagni, vico III Assunta, via Tripoli Italiana, via Umberto Giordano, piazza Zingarelli, via don Minzoni, viale Roosvelt, corso Garibaldi, via Curiel, piazza Duomo, corso Garibaldi e corso Gramsci.

Lo segue, ammantata di nero, il cuore trafitto da una spada d’ argento, la donna che Gli fu Madre.

Tempo or sono la processione rientrava quando l’ orologio diffondeva i tocchi delle prime ore del sabato e la gente tornava a casa, andando per le cento vie del paese, tacendo nell’ aspettare l’ alba.

Ad una ad una si spegnevano le luci. La meditazione della morte aveva recitato gli ultimi grani sul rosario del pentimento.

Buona notte augurava la vecchietta, chiudendo la porta di casa. Santa notte le rispondeva l’ ultimo anziano passante, che si affrettava a rincasare.

Tempi or sono, il Venerdì Santo era considerato da tutta la popolazione come il giorno di digiuno e astinenza per eccellenza. Era l’ apice della settimana di penitenza e di tutta la Quaresima, periodo di preparazione alla Santa Pasqua.

Non si mangiavano carne e derivati e addirittura si legavano i cani per impedire loro di mangiarne.

La donna non doveva compiere le faccende domestiche e non doveva curare il proprio aspetto, rifacendosi ad una leggenda popolare che vuole la Madonna aver rivolto la frase: “maledett la trezze ca de venerdije s’ intrezze” ad una donna che alla sua domanda, se avesse visto il Figlio, rispose incurante di no mentre si pettinava. Incontrando un’ altra donna che stava impastando il pane, le rivolse la stessa domanda e questa volta la brava massaia le indicò la strada dolorosa e la Vergine disse: “benedett ‘ù pein ca de venerdije s’ impeine!”.

Processione della Desolata

TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso

Rientrata la processione dei Misteri nella Chiesa dell’Addolorata, i fedeli si recavano nelle chiese per assistere alla funzione religiosa detta “l’ agunije“, che dopo canti e preci che commentavano le sette parole pronunciate da Gesù sulla Croce, culminava con la rievocazione della morte del Signore alle ore tre del pomeriggio.
Nella Chiesa Madre si venerava un Cristo con il collo, il tronco e le braccia mobili, tenuto da alcune corde, che venivano lasciate al momento della morte, dando così l’ impressione di un corpo esanime.

Diversi predicatori si avvicendavano sui pulpiti, e i versi del Metastasio, le melodie dei Maestri Prisciano Martucci e Francesco Pisano, echeggiavano nelle navate delle chiese. Il bacio della Croce chiudeva questa commovente funzione.

Subito dopo iniziava la liturgia della Passione. Il sacerdote e i ministranti, a piedi scalzi in segno di riverenza, si prostravano ai piedi della Croce per venerarla, tra un silenzio commovente che pervadeva gli animi dei presenti.

Seguiva la lettura del Passio, lo scoprimento della croce: Ecce lignum crucis, venire adoremus! (Ecco il legno della Croce, venite adoriamo!). Il coro, frattanto, cantava gli improperia“, cioè parole di rimprovero al popolo ebreo e all’ anima cristiana, attribuite al Redentore, intercalate dal Trisagio, antichissima preghiera composta da S. Giovanni Damasceno. Seguiva il canto del Vexilla Regis, la spoliazione del Sepolcro e la distribuzione dell’Eucarestia. Il Crocifisso rimaneva ai piedi dell’ altare per l’ adorazione dei fedeli. E all’ imbrunire, ecco snodarsi dalla Chiesa di S. Agostino, nella Terra Vecchia, la processione della Desolata.

Anticamente i Canonici Regolari officiavano la processione con la gente del borgo, infatti il culto della Desolata era praticato già nel XVIII secolo.

Il simulacro portato in processione è un gruppo statuario caratteristico, risalente alla metà dell’ ‘800: una Madonna Addolorata con abiti neri ricamati e sul petto un cuore d’ argento trafitto da un pugnale, un Cristo Morto adagiato sul suo grembo, due angioletti che recano i simboli della Passione, la corona di spine e la scritta “INRI” e, dietro la Vergine, un Angelo che adagiando un braccio sulle sue spalle la consola, in quanto colpita da tanto e immenso dolore.

Sovrasta il gruppo una Croce con il sudario. Davanti, una lumiera con ceri rende ancora più suggestiva l’ atmosfera. Anticamente su di essa venivano appuntate banconote quale obolo per le necessità della Chiesa.

La processione è officiata da tempi remoti dalla Confraternita del SS. Sacramento. Essa si snoda dapprima per le suggestive e anguste viuzze della Terra Vecchia, aperta dalla Croce Calvaria, i fedeli, i confratelli, due Cristi Rossi, il simulacro affiancato da quattro lampieri con nastro nero in segno di lutto e poi i portantini di tutte le età, con una devozione che rende sopportabile il peso della statua, impropriamente detta “Desolata” e che altro non è che la “Pietà”.

Poi si affaccia anche nelle strade ottocentesche della città, fino a raggiungere il corso principale, la strada larga per poi rientrare in Chiesa attraversando piazza castello e via della Chiesa, transitando davanti alla Chiesa Madre.

Da diversi anni i confratelli recano una torcia che illumina le strade e il volto piangente e addolorato della Madonna che ha un’ espressione singolare e unica nell’ atto di guardare il corpo, ma soprattutto il volto sfigurato e insanguinato del Figlio.

Chiude il corteo la banda cittadina che esegue le struggenti marce funebri e la schola cantorum che intona:

Quel sacro santo sangue, cancelli l’ error. E Tu Madre, che immota vedesti un tal Figlio morir sulla croce, per noi prega, o Regina dei mesti, che il possiamo in sua gloria veder, che i dolori onde il secol atroce …

Processione dei Misteri

TRATTO DAL LIBRO “SETTIMANA SANTA” – Edito Foto Belviso

Il Venerdì Santo, al mattino, esce la processione dei Misteri dalla Chiesa della Addolorata, organizzata da sempre dalla omonima Confraternita. Anticamente, alle prime luci dell’alba, si era soliti notare gruppi di pie donne intente a completare il giro delle chiese e affrettarsi per la processione dei Misteri.
La processione potrebbe risalire al secolo XVIII, in quanto le quattro statue dei Misteri e quella della Vergine Addolorata, collocata sulla pala dell’ altare maggiore, risalgono al 1780. Infatti, alla base del simulacro della Madonna vi è la seguente incisione:“Nicol.us Ant.us Brudaglio sculpsit Andriae Anno Domini 1780”, quindi antecedenti all’anno in cui la Confraternita ebbe il regio assenso; ma in processione viene portata un’altra statua, tipo manichino, donata dai Canonici Rinaldi alla Confraternita. Le quattro statue dei Misteri, raffiguranti l’orazione di Gesù nell’ortoGesù alla colonnaGesù con la canna o Ecce Homo e Gesù caricato della croce, venivano portati a spalla dai confratelli dei sodalizi confraternali del Carmine, di S. Giuseppe e della Addolorata.

Essi, fino alla metà degli anni ’50, procedevano solo con calzini bianchi. Sulla portantina di ciascuna statua vi erano dei ceri offerti devozionalmente dai fedeli.

Alla processione partecipavano i confratelli di S. Giuseppe e del Carmine, in virtù di un gemellaggio stretto tra i sodalizi sin dagli inizi del ‘900.

Fra gli impegni assunti, oltre a quello di partecipare alla processione dei Misteri, anche quello di essere presenti alla celebrazione delle Solenni Quarantore, con il proprio cantore, che intonava l’ Inno Eucaristico “Io credo, o Gesù mio”

Dinanzi al primo Mistero prendeva posto il Cristo Rosso della Confraternita dell’Addolorata; dinanzi al quarto Mistero quello di S. Giuseppe e davanti alla Madonna Addolorata, per dovere di ospitalità, il Cristo Rosso del sodalizio carmelitano.

Ai lati di ciascuna statua, confratelli con lampieri con fasce nere in segno di lutto e forcelle che servivano per adagiarvi le statue durante le soste che si osservavano durante il percorso.

Al centro, gli officiali delle Confraternite, il Padre Spirituale e poi la Madonna, portata a spalle, solamente dai confratelli dell’Addolorata e scortata da quattro carabinieri.

Anticamente, veniva portato in processione anche il Cristo Morto, appartenente allo stesso gruppo statuario; infatti fino agli anni ’50 era esposto sulla pala dell’altare maggiore, ai piedi della Madonna.

Notata l’incongruenza liturgica, fu eliminato ed esposto alla venerazione dei fedeli nella tomba confraternale al cimitero comunale.

La processione si snodava verso il rione S. Matteo, transitando lentamente, al ritmo cadenzato del rullio dei tamburi della banda cittadina che imprimeva il passo al corteo.

Il simulacro della Vergine Addolorata entrava in tutte le chiese per visitare il proprio Figlio.

Attraversate le anguste vie dei rioni periferici, la processione proseguiva verso la Chiesa del Carmine, poi verso S. Gioacchino, S. Antonio, Duomo, S. Domenico, Assunta, Purgatorio, per immettersi nelle suggestive viuzze della Terra Vecchia, passando davanti alla Chiesa Madre e alla Cappella di S. Agostino.

Ma il personaggio predominante dei riti di questa Settimana Santa è il Cristo Rosso, inteso nella tradizione popolare come il Cireneo che aiutò Cristo a portare la croce.

Il Cristo Rosso è interpretato da un confratello che indossa tunica e cappuccio di color rosso, cinto ai fianchi da una ruvida fune e sul capo una corona di spine.

Procede a piedi scalzi ed è su di lui che si concentrano l’attenzione e la curiosità di tutti.

Più Popolari

Whatsapp e condivisione dati

WhatsApp non condividerà con Facebook, a cui appartiene, i dati dei suoi utenti europei almeno fino al 25 maggio, data in cui entrerà in...

Cerignola sotterranea

di Domenico Carbone L’intera Terravecchia è percorsa in ogni direzione da vere e proprie strutture sotterranee ben ordinate nella tessitura delle parti e costruite con...

Palazzo Gala

di Domenico Carbone In Capitanata Foggia, Cerignola e Manfredonia aderirono subito alla Repubblica Partenopea del 1799, mentre S. Severo, Lucera, Troia e Bovino tennero per...

Previsione meteo per lunedì 4 aprile

Cieli irregolarmente nuvolosi con residue piogge pomeridiane. Temperature in lieve rialzo. Venti deboli con mari poco mossi.

Bollettino epidemiologico della città di Cerignola 28/03/2020

Il Centro Operativo Comunale di Protezione Civile per l'emergenza COVID-19 ha comunicato i dati di Cerignola alle ore 17.00: Totale ...